13/09 2016

I profughi trentini nella Grande Guerra

Verso i "Colloqui bolzanini di Storia regionale" #9

Ci avviciniamo ai "Colloqui bolzanini di Storia regionale". Alcuni dei temi che andremo a trattare vi presentiamo in anticipo qui parlando con i relatori.
Francesco Frizzera (Università di Trento e Istituto storico italo-germanico) ci racconta dei profughi trentini che sono stati sfollati durante la Grande Guerra e ci fa notare che pur provenienti della stessa regione non è scontato che si subiscono esperienze omogenei...

 

Signor Frizzera, durante la Grande Guerra gran parte della popolazione civile del Trentino venne evacuata, dato che il territorio divenne zona d’operazioni militari. Dove sono finiti queste persone?
Coloro che si trovavano a nord del fronte vennero sfollati dalle autorità militari asburgiche, sulla base di piani preparati in precedenza, che però si rivelarono inadeguati e sottostimati. Circa 75.000 trentini vennero allontanati dal confine meridionale dell'Impero e ripartiti nel Tirolo, nel Salisburghese, in Bassa ed Alta Austria, in Boemia e Moravia, in più di 3000 località differenti.
Chi invece venne a trovarsi a sud del fronte, fu soggetto all'occupazione militare italiana: in seguito agli spostamenti del fronte verso sud, avvenuti nel 1916, anche da quest'area vennero sfollati 29.000 trentini, che vennero ripartiti in quasi tutte le provincie d'Italia, sparpagliati in circa 300 Comuni, dalla provincia di Novara a quella di Trapani. 

Come sono stati accolti dopo il loro spostamento?
L'accoglienza e la convivenza fu complessa in entrambi i contesti, per motivazioni differenti: nell'Hinterland dell'Impero i profughi si dovettero confrontare con la presenza massiccia di altri sfollati, provenienti dalla Galizia e dalla Bucovina, che saturavano le capacità assistenziali dello Stato. I profughi dovevano però confrontarsi anche col pregiudizio enfatizzato dalla propaganda di essere potenziali traditori e con le crescenti difficoltà alimentari dell'Impero. Queste dinamiche portarono alla creazione di “Barackenlager” in alcuni Länder, al fine di separare spazialmente gli ospiti temporanei dalla popolazione locale e alla progressiva crisi della convivenza civile in altre regioni, al punto che sono frequenti i casi di violenze ed espulsioni nei confronti dei profughi registrati nel 1917-1918.
La situazione registrata in Italia non è migliore. Nonostante la propaganda dipingesse i trentini come "fratelli irredenti", mancava un piano organico di assistenza, almeno fino al 1916, quando vennero sfollati anche 76.000 regnicoli dal vicentino. Un vero e proprio welfare per i profughi venne creato però solo a partire dall'ottobre 1917, dopo la battaglia di Caporetto e l'arrivo nelle regioni centrali del Regno d'Italia di centinaia di migliaia di profughi veneti e friulani. I trentini, inoltre, erano formalmente cittadini di uno Stato nemico che venivano strettamente sorvegliati - e non di rado internati sulla base di semplici sospetti - dai prefetti e dalle autorità di polizia locali, che li percepivano come austriacanti ed ostili alla causa italiana nonostante gli sforzi mediatici dei politici trentini fuggiti in Italia prima dello scoppio del conflitto.

Questi profughi trentini hanno portato con sé una forma di ”trentinità”? Se sì, questa identità  trentina ha subito modifiche?
Risulta piuttosto difficile rispondere a questa domanda, perché le fonti istituzionali non focalizzano l'attenzione su questi aspetti, mentre quelle soggettive, come diari e memorie, non si possono ritenere significative del sentire di tutti gli sfollati. Ciononostante si nota un mutamento della percezione di gruppo dei trentini - e soprattutto delle trentine - nel corso dell'esperienza dello sfollamento. Al momento della partenza l'identità spaziale (e per molti versi anche quella nazionale) dei futuri sfollati è ibrida, sfaccettata ed intercambiabile, a seconda dei contesti. Quando devono definire il proprio spazio relazionale, le future profughe indicano molto spesso il paese o la vallata come spazio di riferimento, più che il Trentino o il Tirolo. Sono frequenti anche i riferimenti al costrutto statale, quando viene citata la vicenda bellica, ma questi riferimenti appaiono piuttosto formali.  L'italianità culturale non è percepita come predittiva verso un legame stretto con lo Stato italiano, nè come ostativa ad un inclusione nel costrutto statale asburgico. Le scriventi sono conscie dell'esistenza del Trentino come spazio linguistico, ma non lo identificano ancora pienamente come spazio comunitario, al punto che non mancano le diciture "tirolese italiano" nelle attestazioni scritte. 
La guerra e lo sfollamento mutano questa prospettiva, rafforzando l'identità regionale su base linguistica. I profughi all'interno dei campi e delle colonie non vengono raggruppati su base paesana, ma sulla base della comune provenienza trentina. I comitati di soccorso si strutturano su base regionale e linguistica, e sostituiscono lo Stato nella gestione del welfare, integrando i magri trasferimenti statali e diventando centri di riferimento per l'aiuto. La crescente contrapposizione con l'altro da sè, distinguibile su base linguistica, porta poi ad un rafforzamento dei confini esclusivi di gruppo e ad una crescente avversione nei confronti di cechi e tedeschi, ma anche ad una progressiva separazione funzionale dai regnicoli all'interno del Regno d'Italia. Non mancano, tra le attestazioni diaristiche riferibili al 1917-1918, riferimenti al Trentino come spazio condiviso di riferimento: questo va a sostituire la piccola patria paesana, ma diventa spesso surrogato di una patria statale verso cui si perde progressivamente fiducia, data l'incapacità di entrambi gli Stati di garantire un livello minimo di sussistenza e sicurezza sociale.

 

La relazione di Francesco Frizzera su "I profughi trentini nella Grande Guerra. Ridefinire il concetto di regione in chiave esclusiva" si terrà giovedì 15 settembre 2016 alle ore 12.00 nel Kolping di Bolzano. L'intervento sarà tradotto simultaneamente in tedesco.

Per il programma dei "Colloqui bolzanini di storia regionale" clicca qui.
Gli abstracts degli interventi si possono leggere qui.


Il Countdown fin'ora:

Verso i "Colloqui bolzanini di Storia regionale" #1: A bisserl Wien in New York

Verso i "Colloqui bolzanini di Storia regionale" #2: W il traffico!

Verso i "Colloqui bolzanini di Storia regionale" #3: L'invenzione del Veneto

Verso i "Colloqui bolzanini di Storia regionale" #4: Knödel e Kaiserschmarren in Abissinia

Verso i "Colloqui bolzanini di storia regionale" #5: "Si stava meglio sotto l'Austria"

Verso i "Colloqui bolzanini di storia regionale" #6: Immigrazione e media

Verso i "Colloqui bolzanini di storia regionale" #7: Al confine: danese? o tedesco? o né l'uno né l'altro?

Verso i "Colloqui bolzanini di storia regionale" #8: Regione del Nazionalsocialismo